C'era una volta la banca. C'erano gli impiegati di banca, i direttori di banca, le file in agenzia per fare operazioni di cassa. C'erano, e ancora ci sono, le autorizzazioni, i documenti richiesti, sempre uno in più di quelli che avevi preparato, i tempi lunghi per averle.
E dire che le banche sono state, e sono ancora oggi, uno dei pilastri dello sviluppo degli ultimi 800 anni, in qualità di mediatori finanziari per trasformare i risparmi in investimenti e risolvere gli effetti depressivi della tesaurizzazione. Gli intermediari finanziari hanno messo in movimento i soldi non necessari per la sopravvivenza. A partire dai contratti di commenda, nel XIII secolo, hanno permesso a chiunque avesse della liquidità di inserirsi nel processo produttivo, ampliandone la base, hanno aiutato il fiorire dei commerci e la nascita di nuove ricchezze.
Il Fintech
La diffusione di internet ha introdotto novità rivoluzionarie nell'utilizzo dei servizi bancari. Tutto è cominciato con l'ingresso dei computer in ogni casa e con le connessioni internet, poi il successo dei laptop (i portatili), in seguito, ovviamente, la rivoluzione della comunicazione mobile dovuta agli smartphone e ai tablet. Tutte quelle operazioni per le quali per decenni ci si era dovuti recare fisicamente in banca, sono diventate in un breve arco di tempo rapide e alla portata di un click o del tocco di un'app. Bonifici, pagamento di F24, estratti conto, sono finalmente diventati facili, veloci, accessibili e i costi sono stati abbattuti, a tutto vantaggio del correntista. L'introduzione massiccia delle tecnologie digitali nel mondo della finanza va sotto il nome di Fintech.
Oltre ai servizi bancari tradizionali, si sono diffuse app per il monitoraggio dell'andamento dei mercati e per il trading, sono nati nuovi tipi di prodotti adatti anche ad un'utenza più vasta rispetto a quella tradizionale, spesso giovane e senza capitali rilevanti da investire, ma attratti dalla possibilità di generare un po' di extra cash anche rischiando piccole cifre. Vero è che c'era già chi comprava e vendeva azioni o fondi via telefono, ma la rapidità e la comodità garantite dallo home banking e dal mobile banking hanno aperto le porte dei mercati finanziari davvero a tutti. Certo, gli esiti non sono sempre stati esaltanti: è molto difficile che il dilettantismo paghi in finanza sul lungo periodo. Qualche guadagno saltuario e fortuito può generare una sensazione di falsa sicurezza e competenza, che può portare a grandi delusioni con il passare del tempo.
Ma il Fintech non è solo home banking e trading online. PayPal, Venmo, Apple Pay, Google Wallet, per citarne solo alcuni, sono marchi che in molti conoscono: è il mondo del Social Payment. Si tratta, in sostanza, di utilizzare i social media per trasferire somme di denaro, di solito piccole, sostituendo sia il denaro contante sia le carte di debito.
Il crowdfunding è stato un'altra innovazione finanziaria dovuta alle tecnologie digitali. La rete connette persone, passioni ed esigenze in tutto il mondo, perché allora non coinvolgere gli utenti nel finanziamento dei progetti di loro interesse, bypassando i tradizionali enti per il credito? Le piattaforme di crowdfunding lo permettono, secondo diversi modelli e per scopi vari, il cui approfondimento richiederebbe una trattazione apposita. Per comprenderne la portata, si pensi non solo a quanti progetti di impresa siano stati finanziati con successo, ma anche a quante attività umanitarie, artistiche, iniziative politiche, siano state rese possibili dal crowdfunding.
Essere basato su una struttura centralizzata di gestione dei dati e dei servizi è un po' il limite del Fintech. Vulnerabilità ad attacchi cyber e un utilizzo non sempre gradito dall'utente di una quantità di dati spesso superflua rispetto all'operazione richiesta, sono le prime due obiezioni a questo sistema. Ci sono anche stati utilizzi impropri e truffaldini della centralizzazione. È successo che delle piattaforme di trading vendessero dati a grossi operatori, permettendo loro così di anticipare le mosse dei piccoli risparmiatori. In altri casi, invece, sono stati bloccati finanziamenti ad iniziative non gradite, adducendo scuse più o meno dimostrabili o credibili, il che pone degli evidenti problemi di metodo e dubbi sull'effettiva "democraticità" di un sistema che, quando sollecitato, può comunque interrompere le attività grazie al controllo centralizzato sull'applicazione o sito.
La DeFi, Finanza Decentralizzata o Finanza 3.0
L'ingresso in scena della tecnologia della blockchain (set di dati condiviso e convalidato da una rete di computer) permette la realizzazione di un sistema finanziario aperto, eliminando l'intermediazione, le penalità, le commissioni, perfino i confini nazionali. Si prefigge l'obiettivo di essere una finanza non solo rivolta agli utenti ma degli utenti, al cui centro non ci siano le entità finanziarie, ma le esigenze delle persone.
La libertà di accesso è infatti uno dei punti di forza vantati dalla DeFi, dall'inglese Decentralized Finance, finanza decentralizzata. Tramite interfacce simili a quelle della Fintech, in modo da essere facilmente fruibili, si accede alle app apposite, ovviamente decentralizzate (dApp) tramite il proprio seed. Il seed (seed phrase in inglese) è una frase che non ha senso compiuto, che non sceglie l'utente, e che è composta da una stringa di 12 o 24 parole in lingua inglese (a volte 18), la cui funzione è quella di farci accedere in esclusiva al nostro portafoglio di criptovalute e di recuperarlo da qualsiasi dispositivo. In realtà, queste parole sono una mnemonica, una facilitazione per la memoria, delle chiavi private associate a chi le possiede (occhio dunque a non perderle!). Oggi, con il seed, si accede al proprio e-wallet, un domani a tutto l'ecosistema decentralizzato.
La DeFi propone tutta la gamma delle operazioni finanziarie esistenti: transazioni, prestiti, assicurazioni, cambi, operazioni di investimento in azioni, obbligazioni e altri prodotti finanziari.
Chi garantisce in assenza di autorità centrali? La fiducia è data dalla rete (network), dal codice immodificabile che la istituisce e dal fatto che tutti i dati sono criptati. Le banche centrali, cuore pulsante delle politiche monetarie dell'ultimo secolo (a pieno, mentre è dalla seconda metà del '600 circa che iniziano ad essere istituite) non servono più. Non ci sono autorità né nazionali né internazionali o sovranazionali che possano bloccare i conti, congelarli, requisirli (avrebbero bisogno di essere a conoscenza della chiave privata di un e-wallet). Cuore del sistema, oltre alla blockchain, sono gli Smart Contracts, piccoli programmi che eseguono transazioni in base al verificarsi di determinate condizioni.
La DeFi permette ai soggetti di avere il pieno controllo delle proprie risorse. Pur rimanendo la possibilità di operare tramite conti, assimilabili a quelli in banca (oppure integrare le criptovalute tra le opzioni dello home banking, come qualcuno sta già facendo), esistono già, e sono presumibilmente destinati a diffondersi, gli wallet non-custodial, cioè portafogli elettronici delle cui chiavi private è in possesso solo l'utente e nessun altro. Negli wallet custodial, invece, come sono quelli forniti oggi dagli exchange di crypto, le chiavi private sono custodite da un terzo, quindi, almeno in teoria, un'autorità che può influire sull'operatività bloccando un certo tipo di operazione, per esempio. Queste sono soluzioni considerate per ora di compromesso, e hanno il merito di avvicinare gli investitori al mondo delle criptovalute e di diffonderne l'uso.
Un altro dei vantaggi promessi dai network peer-to-peer o peer-to-contract si trova nella "riconquista" dei dati da parte degli utenti di una rete. Oggi, quando ci connettiamo e utilizziamo un browser, un sito, una app, siamo in un ecosistema che possiamo definire centralizzato, cioè le nostre richieste passano per dei centri di archiviazione dati. Sappiamo bene come le nostre attività sul web siano trasformate in dati utili per servizi commerciali, pubblicitari, addirittura per la propaganda politica. In un sistema decentralizzato, invece, gli utenti tornano proprietari dei propri dati e ne dispongono a proprio piacimento, condividendo solo quanto ritenuto necessario e quando necessario, caso per caso. Questo avviene grazie all'utilizzo di tecniche crittografiche come la ZPK (zero knowledge proof), che fanno in modo di comunicare alla controparte solo un output con il risultato di affidabilità richiesto, senza dettagli come potrebbero essere, per esempio, le spese effettuate da un soggetto.
I sistemi centralizzati di conservazione dei dati sono inoltre esposti ai data breach, cioè alle intrusioni da parte di attori malintenzionati che rubano i dati per gli utilizzi più disparati, dalla vendita sul dark web al ricatto via ransomware. Negli ultimi anni la pratica è esplosa. A guadagnare dunque dell'utilizzo di piattaforme per la gestione dei dati decentralizzate è dunque la sicurezza.
La finanza decentralizzata promette di essere più affidabile e più resiliente anche rispetto alle interruzioni di servizio. In un sistema centralizzato, colpendo il controllore si può, ovviamente, colpire tutto il sistema. Esempio banale: mettendo fuori uso il sito della banca, non si possono effettuare operazioni finché non viene rispristinato. La ridondanza dei dati e i backup multipli garantiti dai nodi della rete dovrebbero diminuire, se non eliminare, le sospensioni delle erogazioni dei servizi finanziari, per esempio a fronte di attacchi DDoS (Distributed Denial of Service).
Il mondo della DeFi è ancora tutto da sviluppare, nonostante il volume d'affari e l'interesse degli operatori qualificati e retail sia in crescita costante, ed è importante dire che non si propone di sostituire la finanza tradizionale, ma di affiancarla. Per il momento, il protocollo DeFi che attrae più risorse è largamente Ethereum, seguito a distanza da Terra, Binance Smart Chain e Avalanche, mentre è in forte crescita Solana e Cardano è sbarcata solo da pochi mesi nel settore. Per confrontare i protocolli DeFi tra loro ci sono diversi parametri, ma il più utile per capire "quanto pesano" è il TVL, il Total Value Block, il valore totale bloccato: si tratta della somma di tutti gli asset depositati presso una piattaforma DeFi.