Tralasciando gli aspetti tecnici dell'investimento in criptovalute, soffermiamoci sull'aspetto fiscale. La domanda che in molti si pongono è se investo in Criptovalute quali e quante tasse devo pagare? Ecco la guida definitiva che toglierà ogni tuo dubbio. Per rispondere a questa domanda vengono in nostro aiuto una serie di documenti di prassi dell'Agenzia delle Entrate. In primo luogo c'è da precisare che le criptovalute sono considerate valuta estera.
Nell'interpello 397 del 1 agosto 2022, l'agenzia precisa che:
Le plusvalenze generate da una persona fisica residente, in sede di cessione di valute virtuali, nel caso in cui il wallet sia detenuto presso una piattaforma exchange online, gestita da un intermediario non residente, costituisca un reddito di fonte estera, ai sensi dell'articolo 165 del Tuir e, dunque, rientri fra i redditi di fonte estera soggetti a tassazione sostitutiva per i soggetti che optino per l'applicazione del regime dei neo-residenti.
Tassazione plusvalenze: come le azioni, ma con franchigia
La tassazione delle plusvalenze legate a criptovalute è fissata al 26%, ma si paga solo se tale plusvalenza supera la franchigia di 2.000 euro nel periodo d'imposta. In pratica, se in un anno fai solo una compravendita di criptovalute e guadagni 1.000 euro, non sei tenuto a pagare le tasse. Attenzione: la franchigia di 2.000 euro tiene conto delle minusvalenze. Puoi usare le minusvalenze nei 4 anni successivi alla data di realizzazione per pagare meno tasse, ma sempre tenendo conto della franchigia di 2.000 euro.
La definizione delle plusvalenze con le cripto
Nella definizione della plusvalenza devi fare molta attenzione a tre cose. Primo: la plusvalenza è la differenza tra il corrispettivo percepito e il costo o valore d'acquisto. Secondo: sei tenuto a documentare con elementi certi e precisi il costo d'acquisto della criptovaluta. In assenza, il costo d'acquisto sarà considerato pari a 0 e il 26% si applicherà, dunque, non sulla plusvalenza, ma su tutto l'introito percepito. Terzo: la permuta tra una cripto attività non genera plusvalenze tassabili. Significa che passare da una criptovaluta all'altra non genera reddito sottoposto a tassazione. Assume, invece, rilevanza fiscale la conversione della criptovaluta in euro o altra valuta fiat – a corso legale.
Non hai i documenti che attestano il valore d'acquisto delle tue criptovalute e non vuoi pagare il 26% su tutto l'introito? Il Fisco ti offre la possibilità di "affrancare" il valore delle tue criptovalute al 31/12/2022 pagando un'aliquota del 14%. In pratica, hai bitcoin che al 31/12/2022 hanno un controvalore di 15.000 euro? Puoi pagare il 14% su questo controvalore e "fissare" come valore d'acquisto proprio i 15.000 euro. Senza "affrancamento" e senza certificazione del costo d'acquisto, avresti, invece, in caso di ulteriore rialzo delle criptovalute, pagato di più. La convenienza della scelta, comunque, sta a te, in quanto i fattori in gioco da considerare sono molti: dipende dal valore d'acquisto delle tue criptovalute (se irrisorio perché magari le avevi comprate tanti anni fa potrebbe convenire)
La tassazione degli altri proventi e la patrimoniale
Ci sono altre due novità importanti. Primo: gli eventuali proventi derivanti dalla detenzione di criptovalute – si pensi al cosiddetto fenomeno dello staking, ovvero l'ottenimento di interessi solo per tenere depositate e "bloccate" per qualche tempo le proprie criptovalute – sono tassati al 26% come redditi diversi e non come redditi di capitale – questo lascia intendere che, quindi, possano essere compensati da minusvalenze pregresse. Secondo: come su tutti gli altri strumenti finanziari viene introdotto il pagamento di un'imposta di bollo sul valore delle criptovalute detenute alla fine dell'anno. L'aliquota, come accade sugli altri strumenti finanziari in deposito titoli, è pari allo 0,2% annuo e si applica anche se non viene effettuata comunicazione in merito alla consistenza della criptovaluta.
Il monitoraggio fiscale: la sanatoria
Al di là della patrimoniale, in ogni caso, a fine anno, devi sempre dichiarare al Fisco quante criptovalute hai, anche se si tratta solo di una manciata di euro e le tieni solo su una chiavetta fisica. Lo devi fare compilando il quadro RW del modello Redditi – va fatto anche se non presenti la dichiarazione dei redditi. Questo non cambia rispetto al passato. Ti sorprende?
Ebbene hai la possibilità di sanare le mancate dichiarazioni passate. Se hai criptovalute che non hai mai dichiarato e su queste non hai ottenuto redditi aggiuntivi, puoi dichiarare il loro valore e pagare una sanzione pari allo 0,5% del controvalore non dichiarato anno per anno (considera che sui mancati obblighi dichiarativi la sanzione può arrivare anche al 30%).
Per sanare la posizione dovrai presentare tu una dichiarazione che sarà approvata con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate.
L'impatto normativo previsto dal Governo è molto rilevante e va a incidere pesantemente sul Testo Unico delle imposte sui redditi.
L'imposta del 14% derivante dall'affrancamento può essere rateizzata in tre rate annuali a partire dal 30 giugno 2023 (prima rata o importo totale). Le due rate successive, però, sono maggiorate da interessi del 3%.
Anche quella del bollo è una deviazione dall'impostazione precedente che non prevedeva il pagamento di alcuna tassa sul possesso della criptovaluta – assimilando di fatto ai contanti. Ed è una tra le norme più contestate, visto che non prevede esenzioni.
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